UIL : Sottoporre a regime stringente i detenuti violenti
Dal 1 gennaio ad oggi 310 Agenti feriti da detenuti
Un nuovo appello, l’ennesimo, indirizzato al Capo del Dap , Santi CONSOLO e al Ministro della Giustizia Andrea Orlando - a farlo è la UILPA Polizia Penitenziaria che torna a puntare l’indice sul grave fenomeno delle aggressioni subite dagli agenti penitenziari da parte dei detenuti.
“ Ieri l’ennesima aggressione - commenta Fabio PAGANI Segretario Regionale - subita da un Poliziotto Penitenziario presso Reparto detenuti dell’Ospedale San martino di Genova, - l’Agente aggredito da un detenuto nigeriano con gravi problemi psichiatrici ( con reati di violenza sessuale ), il poliziotto trasportato al Pronto Soccorso ha riportato una prognosi di 4 gg. - Dal 1 gennaio 2017 gli episodi di aggressione ( territorio nazionale ) in danno di Poliziotti Penitenziari, perpetrati da soggetti detenuti, hanno comportato il ferimento di 310 operatori , di cui circa 130 che hanno riportato prognosi superiori ai 7 giorni - scrive Fabio PAGANI Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria - che aggiunge - dopo aver criticamente rilevato come il modello più adottato sia quello del “regime aperto” ovvero un modello di sorveglianza che “sostanzialmente, non prevede protocolli particolari ma solo il prolungamento dell’orario di apertura delle celle con la contestuale presenza negli ambienti detentivi del personale di Polizia Penitenziaria, inevitabilmente esposto a fattori di rischio senza concreta possibilità (operando disarmato) di poter difendere la propria incolumità fisica - ogni aggressione subita da un Poliziotto Penitenziario è da considerarsi una aggressione allo Stato - il Segretario Regionale della UIL - chiede al DAP che nei confronti dei detenuti violenti “si adottino misure esemplari che, nel pieno rispetto della legge e di ogni garanzia, rendano più stringente il regime detentivo a cui devono essere sottoposti - continuiamo a sostenere che la sorveglianza dinamica sia una soluzione opportuna ed intelligente – prosegue PAGANI – ma cominciamo ad avere dubbi sulla volontà e sulla capacità dei dirigenti penitenziari di volerla trasformare in un modello innovativo e vincente. La Polizia Penitenziaria non può essere l’agnello sacrificale alle criticità ataviche del sistema penitenziario. Occorre restituire dignità lavorativa e condizioni di sicurezza alle donne e agli uomini dei baschi blu. Solo così – chiude Fabio PAGANI - lo Stato potrà recuperare credibilità ed autorevolezza all’interno dei gironi infernali delle nostre prigioni”