Ieri intorno alle 23 un detenuto italiano, ex medico , N.G. di anni 60 , ristretto al Piano Terra del Carcere di La Spezia , si è tolto la vita , recidendosi l’arteria femorale , a nulla sono serviti i soccorsi , già condannato per omicidio e occultamento di cadavere e in attesa di condanna definitiva per aver tentato un secondo omicidio , il detenuto imperiese , si trovava a La Spezia , per motivi di opportunità . Nel Carcere Marassi di Genova , invece, ancora una volta e per ben due volte, il tempestivo ed efficace intervento della Polizia Penitenziaria ha impedito che la già lunga scia di morti per suicidio in cella potesse allungarsi. Intorno alle 18.00 e in secondo momento intorno alle 19.00 di ieri a Genova Marassi un detenuto marocchino di giovanissima età ( 24 anni ) E.K. , ristretto presso Centro Clinico , è stato salvato in extremis dal soffocamento per impiccagione - Il giovane detenuto marocchino , ubicato al primo piano della 4^ sezione ( CENTRO CLINICO ) , già sottoposto a grande sorveglianza, ha tentato di impiccarsi con una corda ricavata dalle lenzuola del letto, legata alle sbarre della finestra del bagno.
L’uomo è stato salvato dagli agenti della Penitenziaria per ben 2 volte, mentre erano già evidenti i primi segni del soffocamento - A darne comunicazione è il Segretario Regionale della UIL PA Penitenziari - Fabio PAGANI - che ricorda gli allarmi già lanciati per le condizioni di sovraffollamento delle strutture Liguri e la grave carenza degli organici della Polizia Penitenziaria e degli addetti ai compiti amministrativi e trattamentali - tra Luglio e Agosto a Marassi abbiamo dovuto registrare un suicidio e tre tentati suicidi, a La spezia si sono suicidati due detenuti nel giro di pochi giorni . La UIL PA Penitenziari ricorda come in questo 2018 siano già diciotto (18) i detenuti morti per suicidio in cella in Italia , che i tentativi di suicidio assommino a poco meno di centocinquanta e che numerosissimi sono i gesti di autolesionismo e molte le risse.
“ Questa deriva di morte e violenza verso se stessi o verso altri, che si afferma nelle carceri, è una diretta conseguenza dell’impossibilità ad articolare percorsi di recupero, rieducazione e risocializzazione. Il personale di Polizia Penitenziaria deve fare i classici salti mortali per garantire servizi sempre al di sotto dei livelli minimi di sicurezza, così conclude il sindacalista UIL ”.